Più spesso è la donna a seguire il proprio compagno ma la tendenza sta cambiando e allora è anche lui a seguire lei: Laura ci racconta un diverso punto di vista che può inspirare molti, sia uomini che donne, che si ritrovano nella condizione di dover, e voler, seguire il proprio partner nell’esperienza dell’espatrio.
Credo che siano ancora in molti, a torto o a ragione, a immaginare che il tipico expat sia un manager o dirigente mandato all’estero dall’azienda, con moglie ed eventualmente figli al seguito. Se penso a me e alle persone che conosco, direi che la realtà è ben più ricca di sfaccettature. Ho due amiche che hanno trovato lavoro negli Emirati Arabi e convinto i loro partner a seguirle dopo qualche mese. Altre due che hanno chiesto ai fidanzati di raggiungerle rispettivamente a Istanbul e Hong Kong. Nella maggior parte dei casi, il compagno di turno aveva un lavoro ben pagato e appagante, con prospettive di carriera. Il mio fidanzato era addirittura expat a sua volta. Fino a quando, non potendone più di vivere a migliaia di chilometri di distanza, dopo infinite discussioni, lui ha deciso di dare le dimissioni e di raggiungermi in Asia.
I primi mesi sono stati duri, per lui come per la maggior parte dei mariti e fidanzati al seguito delle mie amiche expat. Il mio compagno era abituato a lavorare 14 ore al giorno, sei giorni su sette (anche questa è vita da expat…), a interagire con i colleghi, ad avere delle responsabilità. Quando si è trasferito da me, si è ritrovato a passare le giornate da solo, a mandare il curriculum a un numero incalcolabile di aziende e a deprimersi. A volte tornavo a casa dopo una giornata di lavoro estenuante e lo trovavo davanti al computer, stanco, silenzioso, arrabbiato. E io mi sentivo obbligata a essere paziente, gentile, comprensiva e allegra, anche quando avrei solo voluto scuoterlo e/o maledire me stessa per averlo costretto (si fa per dire) a seguirmi. Poi, dopo circa due mesi, è arrivata una proposta di lavoro, con giornate lunghe, nuovi colleghi e nuove responsabilità. Nell’attesa del visto, il mio ragazzo ha frequentato un corso di cinese e ha viaggiato. Finalmente, abbiamo ritrovato l’equilibrio che cercavamo.
Nei due mesi in cui il mio fidanzato è stato disoccupato, non ho potuto fare a meno di pensare a come avrei reagito io nella sua situazione. Mi sarei depressa? Avrei cominciato a provare rancore nei suoi confronti? Forse sì. Ma forse le cose sarebbero state più semplici per me, non solo per il mio carattere ma anche in quanto donna.
Tanto per cominciare, non sarei stata così sotto pressione. Il fatto che non lavorassi per qualche mese sarebbe stato considerato perfettamente normale da molte persone. Un nostro amico argentino che ha seguito la fidanzata in Asia e cerca lavoro da mesi ci ha detto chiaramente che si sente in colpa perché è lui “l’uomo di casa” e dovrebbe essere lui a mantenere la sua ragazza, non viceversa. Non è l’unico a cui ho sentito dire questo genere di cose.
Io, poi, avrei cercato di sfruttare la situazione e il tempo libero per studiare qualcosa di nuovo. Avendo meno impegni lavorativi avrei cercato di rendere la vita del mio partner più facile, facendogli trovare ogni sera la casa pulita e la cena pronta, invece di dirgli “non c’è più niente in frigorifero”. Avrei anche potuto iscrivermi a un’associazione di donne expat per crearmi un giro di amicizie (associazioni di uomini expat, qui, non ce ne sono, a meno di non considerare come tali le squadre di rugby). Avrei passato meno tempo a guardare le quattro mura di casa insomma.
Forse un giorno – probabilmente neanche troppo lontano – sarà lui a chiedermi di seguirlo in un nuovo paese. Vedremo se reagirò davvero meglio di lui. La vita da trailing spouse sembra essere una sfida indipendentemente dal sesso. Cosa ne pensate?
Laura, Cina.
Molto interessante questo punto di vista… anche se trovo molto triste che nel 2016 ancora ci siano queste divisioni di ruolo tra uomini e donne…
Quando e’ l’uomo a seguire le cose sono sempre piu’ complicate, culturamente e’ difficile per un uomo stare a casa mentre la donna lavora e sostiene tutta la famiglia. Personalmente, questa situazione ha lentamente corroso la mia relazione matrimoniale… e vedo che per quasi tutte le mie colleghe e’ la stessa cosa, oppure il marito e’ rimasto a casa e loro viaggiano quando possono (con altre problematiche ovviamente). I colleghi uomini non devono affrontare lo stesso problema, di solito le compagne accettano piu’ facilmente o la lontanza o lo stare a casa con i figli. Nel mio caso, parlo di personale che lavora per organizzazioni internazionali, quindi tutti a turno passiamo qualche hanno in posti dove non possiamo neanche portare con noi la famiglia, quindi mantenere la famiglia unita e’ un po’ come cercare la quadratura del cerchio!
Secondo me, questa e’ anche una delle ragioni per le quali le donne fanno meno carriera in campo… Scusate lo sproloquio, ma e’ un argomento che mi sta molto a cuore, vivendolo in prima persona!
Molto interessante, come punto di vista, ancora di più in una realtà, quella cinese (e ancora di più quella giapponese) dove un uomo che non lavora è visto come “problematico”.
Il contesto culturale conta molto, come anche l’apertura mentale dell’uomo in questione. Spesso noi uomini proviamo a fare gli sbruffoni, dicendo che spereremmo di trovare una donna che ci mantenga… a parole! Nei fatti, non riusciamo a tollerare una cosa del genere.
Per cui posso intuire la difficoltà del tuo compagno a entrare in una logica opposta a quella del senso comune.
Comunque, davvero complimenti per la scelta di vita che hai fatto tu e di conseguenza il tuo compagno, bravi!
Sottoscrivo ogni singola parola, questo post potrei averlo scritto io per quanto mi ci rivedo. A me e’ andata un po’ meno bene perche’ il mio compagno non ha potuto trovare lavoro dove stavo io ed e’ tornato indietro, dopo mesi di quella depressione che descrivi anche tu. Pero’ anche quando io ho cercato di seguirlo e adattarmi e’ finita male, perche’ se non lavoro sento di non avere un senso nella vita, e mi deprimo. Ora viviamo (un pochino) vicino e in futuro non so come andra’. Sottoscrivo quello che dice Claudia, e’ triste che queste differenze ci siano ancora nel 2016, ma purtroppo e’ la realta’ dei fatti. Forza e coraggio a tutte le donne che seguono i mariti e nessuno capisce quanto e’ dura, e ancora piu’ forza e coraggio a quelle che si fanno seguire e che la societa’ sotto sotto giudichera’ sempre un po’ male…